EDITORIALE DELLA DOMENICA. QUELLO CHE VOGLIO VORREI TROVARLO NELLA MIA CITTA’

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“Quello che voglio vorrei trovarlo nella mia città”. E’ una frase che racchiude tutto il senso di una comunità ma sembra così difficile da ottenere in quanto è stato il sogno di sempre e lo sarà forse sempre per il futuro. I temi sono noti da anni ma coniugarli sembra proprio impossibile.

Sicurezza, il sociale, la cultura, l’economia e il lavoro sono i settori su cui agire. Nella propria città occorre, innanzitutto, sentirsi sicuri nel rispetto degli altri e per gli altri, che esiste comunque un limite alla esuberanza giovanile indirizzata ad evitare eccessi di qualsiasi genere, che occorre intervenire presto per evitare devianze, che tutto possa essere permesso sempre a condizione che non ci siano azioni a danno di altri. Il primo senso di una comunità è l’integrazione tra le persone da cui dipende il senso di sicurezza collettiva.

Per il sociale c’è bisogno di un margine di vivibilità più ampio offrendo più risorse alle persone in difficoltà. I servizi sociali comunali quotidianamente si adoperano per le esigenze dei più deboli e le stesse Caritas parrocchiali sono in prima linea per far fronte a questo problema. Ma forse non basta ed occorre qualcosa in più e cioè ricordarsi che lo spreco di tante famiglie sono risorse per i meno fortunati. Ma occorre porre l’attenzione alla sostenibilità di questo sistema in quanto non servono corse solitarie ma intrecci di esperienze per coprire un vuoto che esiste e che deve essere colmato anche perché questo settore è molto legato a quello della sicurezza.

Per quanto riguarda la cultura si può fare tantissimo, a cominciare dall’offrire alle persone la possibilità di avere un centro culturale, una biblioteca, una consulta delle associazioni che deve valorizzare ed integrare le eccellenze di ognuno di esse in un panorama di eventi che aiutano la socialità collettiva della comunità anche a livello di cultura ambientale perché in uno spazio pulito si vive meglio e una città pulita è segno di civiltà mentre il degrado induce ad una assuefazione che toglie ogni speranza di crescita sociale.

Per l’economia le ricette non si scrivono giorno per giorno ma c’è di bisogno di una programmazione che investa il pubblico ed il privato con scelte condivise dando priorità a settori ove tradizionalmente è possibile puntare oppure con la ricerca di nuove esperienze. Puntare sulla cooperazione e non sulle singole competitività perché insieme si ha più forza contrattuale con evidenti ricadute per ulteriori mercati. A questo settore è legato il problema del lavoro. E poi, ancora, dare spazio alla innovazione. Tradizione e innovazione, pensare ad anziani ed ai giovani. Bisogna fare spazio ad entrambi perchè i giovani hanno un futuro da costruire e gli anziani che forse avrebbero auspicato un futuro migliore ora, purtroppo, si trovano in questa situazione.

Per concludere, “quello che voglio vorrei trovarlo nella mia città” e non vorrei continuare a vedere tutto ciò che vedo adesso ma diritti e doveri minimi per garantire a tutti uguale dignità.

Il Direttore