Il 23 maggio del 1992 il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani vengono uccisi dalla mafia a Capaci, lungo l’autostrada che da Trapani porta a Palermo.
Dopo 57 giorni, il 19 luglio, il tragico copione si ripete: in via D’Amelio muoiono il giudice Paolo Borsellino e i suoi angeli custodi, i poliziotti Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina.
Cosa nostra pensa di aver vinto la sua guerra con lo Stato, ma il tritolo di Capaci e Via D’Amelio segna l’inizio di una nuova era.
Il Paese, le istituzioni e la società civile, reagiscono con forza.
Desiderio di riscatto collettivo, un no fermo alla prepotenza dei boss: la gente scende in piazza. E lo Stato fa la sua parte con nuove leggi antimafia e un impiego mai visto di uomini e mezzi.
Il 23 maggio diventa emblema della rinascita di un Paese. Dal 1993 la Fondazione Falcone ricorda il sacrificio di Giovanni Falcone e di tutte le vittime della mafia con manifestazioni, convegni e cortei. Dal 2006, insieme al Ministero per l’Istruzione, organizza un evento a cui partecipano migliaia di studenti e docenti italiani: il 23 maggio una nave, la Nave della Legalità, porta a Palermo ragazze e ragazzi delle scuole di tutto il Paese.
La città si riempie di giovani che ricordano Giovanni Falcone nell’aula bunker del carcere Ucciardone dove venne celebrato il primo maxiprocesso a Cosa nostra. In centinaia sfilano in corteo fino all’Albero Falcone, davanti all’abitazione in cui il magistrato viveva. Il 23 maggio è diventato un giorno di festa.
Fondazione Falcone