Tra le voci più rappresentative dell’arte dialettale sanseverese Maria Antonietta Avezzano, autrice di poesie e di memorabili opere teatrali, che registrano sempre un’ampia partecipazione di pubblico e un alto gradimento, grazie alla loro forza evocativa, all’ironia e all’impronta scenica tutta popolare.
Docente presso le scuole medie e superiori, da 23 anni presso il liceo “Rispoli – Tondi” di San Severo, scopre la scrittura dialettale proprio attraverso l’attività didattica: il codice dialettale infatti si rivela un formidabile mezzo di comunicazione per il coinvolgimento degli alunni più distanti dai canoni scolastici tipici – una forma di comunicazione senz’altro originale, diretta ed efficace, che riesce a fare brezza e a superare gli ultimi argini di un’antica incomunicabilità.
Insieme alla trascrizione di detti e proverbi riportati dalla nonna e della mamma, memorabile tra i ricordi personali e familiari la sua prima poesia: una composizione dedicata al padre, carica di storia ed affetto, in cui il dialetto dimostra da subito la propria forza evocativa, ricca della genuinità di una San Severo d’altri tempi, capace di toccare le corde più nascoste del cuore.
Da sempre cultrice della Lingua Sanseverese, continua a scrivere in dialetto fino a dar vita al suo primo libro di poesie “Nu pochё dё jirё e nu pochё dё joggё “ 2007, Ed. Malatesta, a cui seguiranno negli anni le commedie: “Li jurnetё dё cummerё Ndunettё” nel 2008; “Va’ criscjё figghjё va’” nel 2009: “…’A loffё inda canigghijё ” nel 2010; “U lupё, u pilё perdё…ma u vizjё no!” del 2013; “Na cocchjё dё …Cats…” nel 2015.
Del 2017 lo sketch “La Cultura ripaga sempre…” scritto per i suoi alunni in occasione della giornata della Creatività. Tra gli scritti da ricordare il dialogo intitolato “Sogno” dove l’autrice riesce a far dialogare due statue – opera centrale per il percorso di Avezzano, che dalla poesia apre alla narrativa teatrale.
Fondamentale per la messa in scena delle sue commedie la collaborazione col marito Giuseppe Manzone, suo mentore e organizzatore degli spettacoli: rappresentazioni ospitate dal prestigioso Teatro “Verdi” di San Severo, che hanno sempre goduto di numerosi consensi di pubblico.
Giuseppe ha colto da subito il potenziale degli scritti che Maria Antonietta custodiva nei suoi cassetti ormai stracolmi, spingendola alla definizione delle opere fino al successo delle rappresentazioni.
Da ricordare anche l’intesa dell’autrice con la sorella Giuliana Avezzano, attrice capace di dominare il palco, incarnando la popolana sanseverese verace.
Racconta il passato Maria Antonietta Avezzano, la società contadina, la vita povera e solare dei vicoli sanseveresi, attraversati dalla fatica di vivere, dall’emigrazione, dalla disoccupazione, dalla guerra, ma senza mai perdere la fiducia nella vita e nel calore familiare, con la capacità tutta nostrana di sdrammatizzare anche nei momenti più difficili e di guardare avanti: una lezione preziosa più che mai, soprattutto visti i tempi di crisi sanitaria e internazionale che stiamo vivendo.
Un’arte capace di fare brezza anche negli spettatori più distratti e di diventare quotidianità, superando i muri del teatro e ritornando, sotto forma di bellezza e dialetto artistico, tra le stesse vie dove era nata.
Opere che nascono spesso da un vocabolo e dall’immagine o situazione da esso suscitate, per planare sulla vita e sul suo carico di drammi ed ironia, tipico della saggezza popolare, e sviluppare intrecci e vicende impiantati su personaggi irresistibili e mirabili situazioni comiche, giungendo a condividere col pubblico sorrisi e risate sempre più necessari, in una vera e propria azione catartica.
Il dialetto è per l’autrice un linguaggio poetico naturale, che custodisce e libera spontaneamente colori, suggestioni, emozioni e magia tipici della scrittura poetica. Una forza che gli viene dall’essere una lingua del vissuto più che scolastica, e che gli permette di raccogliere e sprigionare tutte le tensioni dell’esistenza.
Un’opera preziosa quella di Avezzano, tesa a raccontare il passato: la lezione di vita e di umanità propri della cultura popolare. Un repertorio destinato a fare memoria e tradizione e a lasciare un segno anche tra le giovani generazioni, che grazie ad esso potranno fare un viaggio nel tempo e nelle radici, ritrovando la propria identità in un mondo sempre più smarrito nel moto di una globalizzazione spesso feroce e disumana.
In attesa di vedere in scena le commedie inedite: “ A dёnderё dё nononnё” e “U ballё chё li fantasmё…” il ringraziamento va, insieme al pubblico, al marito Giuseppe, a tutti i collaboratori che negli anni l’hanno affiancata e agli attori che hanno condiviso con l’autrice la festa che ogni rappresentazione teatrale è, dalle prove fino alla messa in scena (come una commedia nella commedia) in un clima cordiale e di intesa che nutre e sostiene la resa scenica.