SAN NICANDRO E LA MEDICINA POPOLARE: LE ERBE MAGICHE

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plants and herbs in folk medicine. set of vector sketches

Nella medicina popolare grande rilievo ed importanza, soprattutto nella fase terapeutica, hanno le cosiddette erbe magiche, spesso nate spontaneamente (la futura Fitoterapia). Esse venivano usate da praticoni, medichesse, fattucchiere, maghi vari, per preparare infusi, decotti, filtri, creme, intrugli di ogni genere.  I cosiddetti guaritori di campagna (forniti di capacità, doni e fluidi del tutto particolari e non comuni) praticavano consuetudini terapeutiche antichissime, probabilmente risalenti all’età pagana, cui nel tempo si sono sovrapposti nomi e riti cristiani. Essi, infatti, utilizzavano una gestualità di tipo magico e contemporaneamente invocavano Santi cattolici, facendo uso spesso del segno di Croce, caratteristica costante del loro intervento terapeutico (la segnatura, quasi sempre con tre segni Croce, Padre, Figlio, Spirito Santo, numero magico della Trinità). Molto spesso, l’intervento veniva ripetuto per tre volte e per tre giorni di seguito. Il numero tre era lo stigma più evidente di comportamenti e pratiche magico-religiose. La Resurrezione di Gesù nel terzo giorno e la Sua salita al cielo. Già nelle pratiche mediche rinascimentali (sec.XV), il doctor faceva uso di questa gestualità: orazione e segno di croce. Sempre gli stessi, con qualche variante, gli ingredienti usati dai guaritori nelle varie pratiche: fiori, steli di grano, rami di fico, grani d’orzo o di frumento, corteccia d’albero, acqua e sale, qualche goccia d’olio, lievito di pane, un po’ di vino. Semplici cose che, usate in modo particolare all’interno dei vari riti, acquistavano un valore terapeutico particolare e fascinoso. Un universo, nel quale la fantasia si esprime nelle forme e nei modi più creativi ed impensati, è costituito dalle cosiddette superstizioni: fatture, malocchi, amuleti, sortilegi, malefici, filtri di amore o di morte, incantesimi vari, esorcismi, presagi e divinazioni, sogni, astrologia, Santi e reliquie, usi magici del corpo umano e delle sue parti.

Nella pratica delle fatture e dei malocchi, come anche nella guarigione di particolari malattie, non mancano recitazioni di formule, versetti in rima, giaculatorie e cantilene varie, ove la parola celebra i suoi trionfi. Nasce un vero e proprio culto-magia della parola che incanta, affascina, sublima. Anche lo sguardo ha un ruolo fondamentale e gli occhi sono Strumenti di fascinazione: le donne con gli occhi neri, come quelli di una capra, sono favorite nelle pratiche del Malocchio. Molto spesso, infatti, viene invocato un Santo protettore, insieme al sole, alla luna e a certi spiriti benefici. Non mancano i famosi sacchetti magici, detti abitini, dalla valenza spesso alquanto ibrida. Infatti, nel sacchetto spesso viene inserito un pezzettino della stola del prete che, essendo il simbolo o lo strumento di una religione potente e dominante, è considerato un portatore di forza guaritrice, oppure viene inserito un pezzetto della corda di una campana, unitamente a chicchi di grano, riso, erbe miracolose, coda di lucertola, simboli sessuali. In questo modo, nella stessa religiosità popolare ci sono sempre residui o presenze di una mentalità paganeggiante, che si alimenta, in senso misterico e magico, al Cristianesimo.

Oltremodo interessante ed affascinante, la pratica concernente la cura dell’ernia dei bambini (i uagliul’ crepate). Questo fenomeno magico-terapeutico è attestato sia nel Gargano e, quindi San Nicandro, che nel Salento. Nel giorno dedicato alla festa dell’Annunziata, Madre e protettrice di tutti gli infanti (25 marzo), i bambini affetti da ernie inguinali venivano sottoposti al cosiddetto rito del passaggio attraverso un cerchio (ventre o pancia degli umani), ottenuto tagliando, intrecciando, incurvando rami di querce, di olmi, di olivo, di rovi vari, con recita anche di formule o versi: “Adda fà la grazia Santa Nunziata quist’ uagliol adda jess sanat’”.  Il rito, già praticato nel 1700, era conosciuto anche con il nome di benedictio puerorum – benedizione dei fanciulli e molto spesso serviva anche a prevenire il male stesso. Lo stesso meccanismo magico del rito riguardante i bambini erniosi trova i suoi principi ispiratori nella cosiddetta transplantatio ramicis, per cui, secondo la concezione animistica dell’antropologia inglese dell’Ottocento, si attuerebbe il trasferimento per contatto della malattia, dal bambino alla pianta. Ed ancora, l’ernia, concepita come rottura o crepatura del ramo intestinale, riceve la sua guarigione o risanamento per magia di similarità con le varie fenditure praticate nei rami degli alberi. Poi, la magia del passaggio stretto che rigenera l’organismo dà al rito stesso un valore protreptico, vale come forma di attesa propiziatoria e gli alberi, assumono caratteri animistici, veri e propri, degli esseri viventi. I bambini erniosi guariscono unitamente agli alberi, le cui ferite lentamente nel tempo, si chiudevano ed i rami spezzati, unendosi, nascevano a nuova vita.