IL GOVERNO HA DAVVERO ABOLITO I “DECRETI SICUREZZA”?

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La sera del 5 ottobre il governo ha annunciato l’emanazione di un decreto che sostituirà l’impianto dei cosiddetti “decreti sicurezza”, voluti dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini durante il governo Conte I. L’abolizione di questi decreti era uno dei punti programmatici dell’esecutivo nato dall’alleanza tra Pd e 5 Stelle ed è stata salutata con entusiasmo da molti esponenti del centrosinistra, come Nicola Zingaretti, che ha esultato con questo tweet.

Ma davvero i decreti sicurezza sono stati “aboliti”? Cosa è cambiato rispetto alla legislazione

sull’immigrazione applicata in Italia negli ultimi due anni? Abbiamo provato a capirlo considerando alcuni punti fondamentali emersi dopo l’annuncio. Va specificato che al momento non è ancora disponibile il testo del decreto, per cui l’articolo si basa sulle indiscrezioni giornalistiche circolate nelle ultime ore.

Il nuovo permesso speciale

Con i decreti sicurezza era stata abolita la protezione umanitaria, ossia una forma di permesso di soggiorno concesso a coloro che richiedono asilo per motivi umanitari. I “decreti Salvini” restringevano di molto la possibilità di ottenere questo tipo di tutela, sostituendola con la protezione speciale, prevista solo per lo straniero che versa in condizioni di salute di particolare gravità, che è stato colpito da calamità naturali eccezionali o che si è distinto per atti di eroismo civile. Nel 2019 le richieste di asilo negate sono state l’81 per cento, contro il 66 per cento del 2018 e il 58 del 2017. Sempre nel 2017 la protezione umanitaria era stata accordata al 25 per cento dei richiedenti asilo, mentre la protezione speciale che l’ha sostituita è stata concessa solo all’1 per cento di chi ne ha fatto richiesta nel 2019. Il nuovo decreto immigrazione sembrerebbe allargare la casistica per la concessione del permesso speciale, ma la competenza per la gestione delle richieste di asilo resterebbe in capo alle commissioni territoriali, che potrebbero dare un’interpretazione più o meno restrittiva delle nuove disposizioni in materia. Esiste dunque una volontà di estendere la platea dei beneficiari ma è difficile prevedere quanto ampio sarà questo allargamento.

Il divieto di ingresso nelle acque territoriali e le Ong

Quello di Salvini ministro dell’interno è stato notoriamente un periodo di forte criminalizzazione delle Organizzazioni non governative (Ong), accusate di incentivare l’immigrazione clandestina e di essersi comportate come “taxi del mare” per gli scafisti. La lotta alle missioni di recupero dei naufraghi era portata avanti principalmente su due livelli: quello dell’imposizione di un divieto d’ingresso in acque territoriali alle navi che recuperavano migranti e quello dell’aumento esponenziale delle sanzioni penali e amministrative nei confronti di chi avrebbe violato questo divieto.

La possibilità di impedire l’ingresso in acque territoriali è sempre esistita ma deve essere giustificata da motivi straordinari di sicurezza o di ordine pubblico (art. 83 del Codice della navigazione). Anche un numero molto elevato di sbarchi in un singolo porto può giustificare un blocco di nuovi ingressi ma di solito veniva accompagnato da una soluzione del problema, per esempio dirottando la nave su un altro porto meno esposto. Con i “decreti sicurezza” la violazione delle norme in materia di immigrazione è stata inserita tra le possibili giustificazioni per imporre questo tipo di divieto. In questo modo il ministero dell’Interno ha potuto impedire a qualsiasi imbarcazione che ospitasse dei naufraghi di entrare nelle nostre acque territoriali. Con il nuovo decreto immigrazione questo blocco rimarrà disponibile, come previsto dal diritto internazionale, ma la presenza a bordo di immigrati non sarà più condizione sufficiente per giustificarlo.

Per quanto riguarda le sanzioni, invece, la situazione tornerà quella precedente ai “decreti sicurezza”. Negli ultimi due anni, la violazione di un divieto d’ingresso avrebbe potuto portare a sanzioni penali e amministrative molto più pesanti rispetto a quelle ordinarie previste dal Codice della navigazione, come il sequestro della nave e multe fino a un milione di euro per l’armatore. Anche in questo caso il nuovo decreto immigrazione dovrebbe fare tabula rasa, imponendo le stesse sanzioni previste dal Codice in caso di violazione di un qualsiasi divieto di ingresso nelle acque territoriali.

Accoglienza

In materia di accoglienza, i decreti sicurezza impedivano ai richiedenti asilo di accedere agli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), ossia agli istituti sparsi su tutto il territorio nazionale concepiti per gestire gli immigrati e il loro processo di integrazione. A differenza dei centri di prima accoglienza, molto grandi, concentrati al Sud e poco adatti per una permanenza di medio-lungo periodo, gli Sprar erano più piccoli e più focalizzati sull’integrazione degli stranieri, senza considerare il fatto che permettevano di ricollocare i migranti su tutto il territorio nazionale. Dopo i decreti sicurezza solamente coloro che avevano ottenuto una qualche forma di protezione potevano accedere a queste strutture, poi rinominate Sicoimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati). I richiedenti asilo si sono così trovati bloccati per lungo tempo in strutture pensate per accoglierli solo per un breve periodo e senza la possibilità di intraprendere alcun percorso di integrazione, riservato solamente a coloro che avevano ottenuto una forma di protezione.

Il nuovo decreto dovrebbe permettere ai richiedenti asilo di accedere nuovamente alle strutture territoriali (che probabilmente cambieranno ancora una volta denominazione), senza però avere accesso ai percorsi di integrazione. Questo aspetto dei “decreti sicurezza”, dunque, non è stato abolito. Negare un percorso di integrazione fino a quando non si è sicuri che lo straniero abbia diritto all’asilo può avere una sua logica, a patto però che il procedimento di valutazione della richiesta di asilo venga svolto in maniera rapida.

I “decreti sicurezza”, infine, stabilivano che lo stato di richiedente asilo non costituiva condizione sufficiente per ottenere la residenza in Italia, una privazione che rendeva complicato per molti migranti l’acceso a numerosi servizi pubblici. Anche questo aspetto dovrebbe essere superato dal nuovo decreto immigrazione.

Verdetto

Le affermazioni di Zingaretti e di molti altri esponenti della maggioranza sono TENDENZIALMENTE VERE. È vero infatti che la situazione dopo l’emanazione di questo decreto renderà la normativa sull’immigrazione molto simile a quella rimasta in vigore prima dei “decreti sicurezza”. Ci sono alcune eccezioni, come la mancata reintroduzione della protezione umanitaria – sostituita comunque da una protezione speciale decisamente più ampia rispetto a quella dei decreti sicurezza – o l’inserimento immediato dello straniero richiedente asilo all’interno di un processo di integrazione. Dopo un passo indietro con i “decreti Salvini”, quindi, si tornerà a una situazione simile a quella del 2018, senza però fare un vero passo avanti nella gestione del fenomeno migratorio in Italia. (lavoce-massimo taddei)