LA FONTANA

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Bella e rara questa cartolina liberty, passata per posta il nove del mese di luglio dell’anno mille novecento sedici, che si trova inserita a pag. 168 del secondo volume de “LE BELLE IMMAGINI DI SAN NICANDRO GARGANICO” finito di stampare il 23 aprile 1915.

Ma questa cartolina non è solo bella e rara è soprattutto significativa ed importante perché in essa è raffigurata la vedutina che si trova sulla sinistra e che dopo averla ingrandita e resa nitida mette in evidenza una scena di importanza rilevante. Difatti in essa appare il pianoro con la “piana dei pozzi” quando era il centro vitale del paese dove confluiva, si riversava quotidianamente la cittadinanza dell’intero paese per procurarsi l’elemento indispensabile per la sopravvivenza che veniva attinto dalla miriade di pozzi esistenti allora in questo loco.

E fra questi tanti pozzi primeggiava, per importanza, una fontana (che non era altro che una cisterna) che era la più fornita di acqua, dove confluivano le varie categorie di persone, facendo diventare inservibili i rimanenti pozzi come è dimostrato nell’immagine nella quale si nota la fontana attorniata dall’assembramento dalla tanta gente.

Era gente che disciplinata aspettando il turno non faceva altro che far diventare il posto la sede di un giornale dove nell’attesa si passava il tempo ciarlando, raccontando le notizie fresche fresche accadute nel paese e non solo ma anche facendo pettegolezzi, illazioni e fatti a volte seri e altre volte esilaranti. In questo pianoro tutti i santi giorni si poteva assistere ad un rito che si tramutava, per magia, in uno spettacolo inconsueto con il continuo via vai di tutte le categorie di persone fra le quali spiccava quello delle donne che con le conghe in testa, conghe che lanciavano sciabolate di bagliori dovuti ai riflessi dei raggi del sole, non facevano che tramutare il rito in tante attuali sfilate di moda e che come, cariatidi, anzi meglio dire come canefore, imperterrite, austere e disinvolte si diramavano inerpicandosi lungo le tortuose scalinate della Costa.

Questo rito si è perpetuato anche dopo l’avvento della fontanella che ancora oggi si trova inutilizzata, diventata, quindi, monumento e che dal momento dell’installazione ha reso obsoleti e inutilizzabili non solo i pozzi ma anche la più importante fontana facendo diventare il glorioso slargo desolato e da tutti abbandonato. E alle sole sfilate di quest’ultimo periodo, non alle precedenti, è stato testimone non solo oculare ma anche partecipe lo scrivente che andava ad attingere acqua da questa nuova fontana, opera dell’Acquedotto Pugliese (siamo nel 1931), in quanto era l’unica dalla quale sgorgava continuamente il prezioso alimento al contrario delle altre situate nel paese dalle quali l’acqua veniva erogata prima a giorni alterni e poi tutti i giorni però a rate.

E così nell’andare a prelevare il prezioso alimento automaticamente faceva parte delle numerose sfilate. Faceva parte delle sfilate quando arrancando “c’ ngrap’nava”, come le canefore, lungo la prima erta scalinata della Costa trasportando, bambino, secchi colmi di acqua che diventava una scarpinata, un’autentica sfacchinata specialmente se si considera che i secchi colmi d’acqua erano sempre “a dduj a dduj”. E una volta aver affrontata la salita e sormontata la scalinata diventava un motivo di orgoglio per aver effettuato una simile impresa. Pertanto viene pubblicata questa immagine per far sì che il lettore possa avere l’idea di com’era una volta la spianata con i tanti pozzi facendo il raffronto con la situazione in cui oggi si trova. E termino questo breve “trascórs” inserendo la seguente immagine che rappresenta il modo di vivere di un tempo non tanto remoto nella San Nicandro della prima metà del 1900 e che trattandosi di un pezzo di storia auspico che venga tramandata ai posteri e non vada a far parte del dimenticatoio.

Emanuele Petrucci