MASCHERINE, L’ANCORA DI SALVEZZA

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C’è un modo semplice per limitare i contagi tra persona sana e persona infetta: indossare la mascherina. Renderle obbligatorie permette di salvare vite. E potrebbe permettere anche di riprendere le normali attività. Aumentarne la produzione è possibile.

L’obiettivo primario. In questi giorni, le scelte governative su alcuni aspetti legati all’epidemia di coronavirus appaiono ad alcuni insufficienti o confuse. In particolare, vengono messi in discussione gli orientamenti sull’uso dei tamponi, sul conteggio dei contagiati, sulla possibilità di utilizzare tecnologie sofisticate per tracciare a ritroso i movimenti e le interazioni di chi venga individuato come contagiato, e così via.

Si tratta di un dibattito interessante, ma non risolutivo. Sul piano operativo, infatti, l’obiettivo principale resta quello di sopprimere il meccanismo di diffusione dell’epidemia. E dato che il virus si trasmette grazie all’incontro tra una persona infetta e una sana, si punta ad abbattere il numero dei contatti potenzialmente infettivi. Tutti gli altri elementi hanno un rilievo di tipo residuale: stanno all’obiettivo principale come l’asciugare il pavimento sta al chiudere il rubinetto di un lavandino dal quale l’acqua stia traboccando.

L’obiettivo dell’abbattimento dei contatti pericolosi si può raggiungere in due modi: – ridurre il numero di incontri; – ridurre la pericolosità di ciascun incontro. Si tratta ovviamente di due modi complementari e non alternativi.

La strategia del governo. Il primo modo è al centro della strategia del governo, esplicitata dalle varie misure di contenimento adottate con i successivi decreti del presidente del Consiglio dei ministri. Ha il difetto di presentare enormi costi economici, al punto che si rende necessario prevedere un gran numero di deroghe a quelle misure (fabbriche che continuano a funzionare, mezzi pubblici in circolazione, supermercati aperti), con la conseguenza di attenuarne notevolmente l’efficacia. A tre settimane dall’adozione delle misure di contenimento, il tasso di crescita del numero di contagiati in Italia si è ridotto a circa un quarto rispetto a quello, esplosivo, misurato nei primi giorni dell’epidemia. È un buon risultato, ma siamo lontani dall’averla sconfitta: nella prima settimana di marzo il tempo necessario per veder raddoppiare i contagi era inferiore ai due giorni e mezzo; ora è lievemente superiore a otto giorni e mezzo.

L’importanza della mascherina. Il secondo modo per ridurre i contatti pericolosi fa riferimento alla modalità di diffusione del contagio. Per fortuna, sembra essere ben compresa e consiste nella trasmissione della saliva a causa di starnuti e colpi di tosse, ma anche del semplice parlare.

Un modo semplicissimo di contenere l’emissione di saliva è l’uso della mascherina. Si obietta che quelle migliori (indicate con la sigla FFP2 e FFP3) non si trovano in commercio. Quelle più semplici – le cosiddette mascherine chirurgiche – si trovano solo talvolta. Sono tutte osservazioni corrette, che dovrebbero indurre il governo a dare disposizioni perché ne vengano prodotte, dell’uno e dell’altro tipo, in misura sovrabbondante, nello stesso modo in cui una volta, quando scoppiava una guerra, si intensificava la produzione di munizioni, anche riconvertendo industrie specializzate in altri prodotti.

C’è però una contro-osservazione pregnante: le specifiche tecniche delle mascherine sono rilevanti quando si tratti di proteggere chi le indossa dalla saliva altrui. L’obiettivo di cui stiamo parlando è invece, in primo luogo, proteggere gli altri dalla saliva di chi le indossa. E a questo scopo funzionano ottimamente le mille soluzioni artigianali che ciascuno può escogitare: dalla mascherina di cotone fatta in casa con uno straccio da cucina ripiegato e opportunamente assicurato in modo da ricoprire bocca e naso, alle mascherine di Scottex casa, fino alla sciarpa avvolta intorno al viso o, più comodo, lo scaldacollo opportunamente sollevato.

Finora, l’Organizzazione mondiale della sanità e le sue derivazioni (inclusi i consulenti del governo) hanno ribadito il mantra secondo il quale le mascherine – non proteggono in modo completo chi le indossa – vanno indossate solo dal personale sanitario o da chi assiste persone contagiate – vanno indossate, allo scopo di difendere gli altri, solo quando si sospetti di essere portatori del virus.

È evidente come le prime due indicazioni hanno a che fare solo con la tutela propria e non contraddicono quanto qui proposto. La terza indicazione sarebbe perfettamente coerente con quella qui proposta, se non fosse per il piccolo particolare che, quando un soggetto inizia a sospettare di essere portatore del virus, lo è probabilmente da svariati giorni.

Cosa se ne può concludere? Dato che non c’è modo di scoprire in tempo se siamo portatori del virus, dobbiamo tutti muoverci in base a una presunzione di pericolosità: tutti dobbiamo immaginarci come già contagiati e agire di conseguenza nei confronti della collettività; ossia, indossare la mascherina o qualunque suo surrogato in tutte le occasioni di incontro con altre persone (al lavoro, per chi continua a lavorare; sui mezzi pubblici; al supermercato).

La misura, che comunque non è incompatibile con quelle adottate dal governo, non ha alcun costo economico. E al di là di quello che pensa l’Oms sul carattere protettivo limitato delle mascherine, la pericolosità di un incontro tra una persona sana e una contagiata, entrambe provviste di mascherina, diminuisce doppiamente, per l’ostacolo posto dalle mascherine, al vettore del virus, in entrata e in uscita. È vero infatti che, in entrata, una mascherina artigianale non è capace di bloccare completamente l’aerosol che si forma quando la saliva si disperde in aria. Ma è vero anche che la dispersione si riduce grandemente se la saliva, in uscita, incontra un ostacolo su cui sia costretta a posarsi. Lo si può verificare facilmente usando un nebulizzatore a distanza ridotta da un ostacolo: il liquido bagna la superficie, senza disperdersi in aria in goccioline minutissime.

In Cina e in Corea del Sud la gente ha fatto un larghissimo uso delle mascherine, al di là delle diverse strategie di contenimento adottate dai rispettivi governi. Ed è questo il denominatore comune del successo dei due paesi nello sconfiggere (almeno per quello che se ne sa oggi) l’epidemia.

Molta gente in Italia già adopera mascherine, acquistate o fatte in casa. È però necessario renderne obbligatorio l’uso. È necessario istruire la gente, con spot televisivi e trasmissioni più approfondite, su come fabbricarle, come indossarle, come disinfettarle. Se ci si limita ad auspicare comportamenti prudenti, lasciandoli però alla razionalità del singolo, la diminuzione del tasso di crescita dell’epidemia procederà con lentezza: una lentezza letale per quanti ancora finiranno per infettarsi e, in secondo luogo, per l’economia.

Chiarimento: il dato sul tempo di raddoppio “attuale” si riferisce al momento in cui è stato scritto l’articolo. Nel frattempo, il tasso di crescita del numero di contagiati si è ulteriormente ridotto e il tempo di raddoppio (ossia il tempo necessario per raddoppiare tale numero se il tasso si mantenesse costante al valore odierno) risulta approssimativamente pari a un mese. (lavoce)

Sergio Briguglio