Dalla strada San Nicandro – Torre Mileto all’altezza del Bar della Riviera sul breve rettilineo che costeggia la spiaggia si stacca a destra, al fianco di una casa colonica, una carrareccia che si inoltra per circa 500 mt verso le pendici del Monte Delio ove termina in un oliveto nei pressi di un muro a secco che delimita l’area coltivata. Superato il muretto ci si inerpica per un dislivello di circa 100 mt sino alla base della parete rocciosa dove si apre la grotta. L’ingresso è facilmente reperibile essendo ben visibili anche dalla carrozzabile.
E’ stata reperita la seguente specie troglossena: Blaps mucronata (Coleoptera – Tenebriodidae). Segnalata la presenza di chirotteri.
L’ingresso, largo ben 8 metri, è in parte limitato da un muro a secco eretto dai pastori che si servono della cavità come riparo durante i mesi invernali. La sala iniziale, dal fondo della quale si diparte il cunicolo la cui percorribilità è limitata a pochi metri, si restringe formando un corridoio che ad una ventina di metri dall’ingresso piega verso Nord formando un angolo retto. Qui la volta, la cui altezza oscilla sui 4 metri, si abbassa gradatamente terminando in un altro cunicolo non percorribile.
La grotta doveva avere senz’altro un proseguimento verticale ostruito artificialmente da pietre e terriccio come ha dimostrato un iniziale sondaggio, eseguito a 22 mt dall’ingresso che mi ha permesso di pervenire in breve tempo ad oltre un metro di profondità smuovendo materiale chiaramente di riporto.
Trattasi di cavità di frattura con assenza pressochè completa di concrezioni di ogni tipo. Le pareti si presentano lisce e in molte parti annerite dal fumo dei fuochi accesi nella grotta dai suoi temporanei abitatori.
Dicerie e leggende popolari vogliono che la grotta sia collegata a quella di Papaglione distante in linea d’aria circa 9 chilometri. Tale credenza avvalora la tesi che la cavità abbia uno sviluppo verticale la cui entità potrebbe essere accertata solo portando a termine uno scavo completo sul fondo del salone d’ingresso.
(Antonio Pagliano – Note sul fenomeno carsico nel comune di Sa Nicandro Garganico – ottobre 1971)
LA GROTTA DELL’ANGELO
Sul Monte d’Elio, in agro di San Nicandro Garganico, si apre una grande fenditura rivolta ad Ovest a circa 150 m s.l.m., chiamata Grotta dell’Angelo. La grotta, così denominata in quanto un’antica tradizione la pone come uno dei tre luoghi di culto, in tutto il Gargano, dell’Arcangelo Michele, probabilmente sin dal tempo dell’impero bizantino o della dominazione longobarda.
La cavità si apre con un grande antro di forma semiellittica a ridosso di un ripido costone di formazione calcarea, rinvigorito da una flora assai variegata e quasi impenetrabile. Si sviluppa orizzontalmente all’interno della collina, stringendosi verso l’interno sino ad un trivio, da cui si dipartono altre due diramazioni, una in direzione Est, piuttosto breve, ed una assai più lunga in direzione Nord.
Povera di concrezioni calcaree, tuttavia presenta un’attività carsica in pieno regime, piuttosto facile imbattersi in cannelle calcaree gocciolanti. La grotta ha conosciuto una frequentazione umana già in tempi preistorici: una campagna di scavo condotta nel 1967-1968 dalla studiosa Mara Guerri dell’Istituto di Paletnologia dell’Università di Firenze, ha portato alla luce resti biologici, selci e ceramiche dal Paleolitico al Medioevo. Sulla parete destra sono tuttora visibili alcuni graffiti.
Il ritrovamento di tombe di età alto-medievale e la presenza di una pila circolare ricavata da un vano naturale, confermerebbero l’uso cultuale della grotta, probabilmente adibita a chiesa, come attestato anche da codici medievali concernenti le pertinenze di Devia, da cui la grotta dista un chilometro