Un antico castello in cima ad un colle, una falda montana che precipita di sotto, sul Vallone del Canale e, lungo il ripido declivio, una cascata di case, piccole, allineate, strada per strada, a schiera, secondo una modulazione costante che anticipa di secoli i concetti di una più moderna pianificazione urbana.
Un intrigo di viuzze strette e tuttavia sempre soleggiatela valorizza la sistemazione a gradoni, offerta alla piena luce del mezzogiorno.
Molti gradoni oggi vengono raccordati da assurde gettate di cemento per consentire il passaggio di automobili e motorette. Predominano sempre, però, le note di un sapiente adattamento alla natura per una delle più belle integrazioni paesaggistiche da me rilevate.
Scalini e rampanti che scendono, salgono, passano sotto i fabbricati sventrati da coperture a volta o scavalcano logge e facciate, con scorci prospettici di spettacolare sapore scenografico.
Il tutto nella bianca cornice di un esagerato latte di calce, di un nitore immacolato e di un allucinante bagliore solare.
Le unità elementari che costituiscono le schiere dei fronti stradali sono a due piani. Sotto la stalla, la bottega od il magazzino; sopra l’abitazione ad uno o a due vani, con accesso da un poggiolo di soggiorno all’aperto. Al poggiolo si arriva direttamente dalla strada, perché i due piani non sono intercomunicanti. Quando il poggiolo acquista pretese architettoniche, una tettoia viene portata dalle colonne ioniche che formano le caratteristiche logge greche della Terra Vecchia.
Oltre alla Terra Vecchia nient’altro di interessante, salvo qualche raro insediamento settecentesco, nella zona di prima espansione detta del Borgo Nuovo.
Per ultimo la città moderna che affoga la strada turistica per Rodi e non ha più niente da esprimere; case popolari e case private, che dalle stesse case popolari hanno tratto suggerimenti e caratteri, nella noiosa monotonia di motivi aridi, ripetuti con freddezza, fino a creare l’incubo di una miseria più nuovo e più dannosa, opprimente, perché è miseria di spirito, di gusto e di saggezza.
Su questa miseria domina la mostruosa mole dell’edificio scolastico sorto in epoca fascista.
Le nuove generazioni non hanno saputo sviluppare, in chiave moderna e poetica, la scala umana e gli spunti scenografici che le case dell’antico borgo suggerivano.
La Terra Vecchia, una volta, risultava tutta recintata da possenti mura che costituivano l’avandifesa dell’antico castello.
In questo perimetro, “lungo la fuga dei secoli”, trovarono via via rifugio le popolazioni di contrade vicine, sbandare e fuggiasche, che scorreria di eserciti stranieri e di predoni provenienti dal mare costringevano a riparare in luoghi nascosti e fortificati.
Dell’unica cinta muraria non esistono più tracce; restavano fino a pochi decenni fa due torrioni circolari, oggi del tutto scomparsi, dalla parte del Vallone. L’ultima demolizione registrata avvenne nel 1030, ai danni di una terza torre quadrata, sacrificata a beneficio di una gentilizia casa privata, perché, a Sannicandro, dalle torri anticherai loggiati eolici, tutto cade in polverose macerie e nell’oblio.
Ugo Jarussi